Educare al movimento

Questo testo ha lo scopo di dare una panoramica generale sul significato e sull’importanza di trasmettere un’educazione del movimento, partendo dal primo approccio che i ragazzi hanno con questo: l’educazione fisica a scuola. La rilevanza di partire da questo punto risiede nel fatto che per comprendere come si educa al movimento è necessario mettersi dal punto di vista dell’educando, consapevoli che le loro basi vengono apprese all’interno delle mura scolastiche. In seguito, passando attraverso le definizioni della psicologia funzionale, verranno proposti alcuni stili di insegnamento, i quali hanno la funzione di trasmettere l’importanza dell’adattabilità di ciò che si vuole trasmettere a seconda di che educando /gruppo di educandi ho davanti.

L’educazione al movimento si mette in un’ottica di osservazione e conoscenza reciproca, fa un passo indietro per osservare l’insieme e poi, in un secondo momento, presentare il compito che si dovrà svolgere; il tutto basato, da un punto di vista pedagogico, in un’ottica di puerocentrismo (in cui l’educando viene messo al centro del rapporto educativo), consapevoli del fatto che non si sta insegnando a chi ho davanti solo specifici movimenti/azioni, ma lo sto educando a svolgerli attraverso determinati principi.

Ontogenesi del movimento

Per ontogenesi del movimento si intende l’utilizzo della corporeità come mezzo relazionale. In breve, l’uomo nasce sottosviluppato dal punto di vista motorio e l’ontogenesi è il percorso che deve fare per costruire la propria motricità evolutiva. I fattori dello sviluppo ontogenetico si possono riassumere in: la progressiva maturazione del sistema nervoso e delle strutture anatomo-funzionali ad esso correlate; le esperienze di apprendimento acquisite dall’ambiente; l’interazione di entrambi i fattori precedenti.

In questo paragrafo ci soffermeremo in particolare sull’importanza delle esperienze di apprendimento che vengono acquisite dall’ambiente attraverso le esperienze individuali che ognuno fa. 

Quando si parla di ambiente educativo primario si pensa subito alla scuola, la quale ha il compito di promuovere stili di vita fisicamente attivi, l’apprendimento delle competenze intellettive e motorie, lo sviluppo dell’autonomia individuale e delle relazioni interpersonali. Perché è importante che nelle scuole venga praticata educazione fisica?

Perché è l’unico modo, all’interno delle mura scolastiche, che gli studenti hanno per apprendere attraverso l’esperienza diretta con il proprio corpo; a conferma di ciò troviamo diversi articoli nell’ European Journal of Research on Education and Teaching, in particolare in “In Movimento- esperienze di ricerca su significati, metodi e didattiche dell’educazione motoria e fisica” in un sottoparagrafo di Dario Colella “Stili di insegnamento, apprendimento motorio e processo educativo” troviamo scritto: Studi e ricerche hanno ampiamente confermato che l’educazione fisica è un ambito curriculare fondamentale in quanto l’esperienza acquisita attraverso il corpo e il movimento favorisce contemporaneamente lo sviluppo delle capacità motorie, delle abilità motorie, delle conoscenze, della motivazione, in misura e rapporti diversi in relazione alla proposta delle attività e al ruolo del docente.

Attraverso le esperienze che vengono apprese in un contesto ben definito (come, ad esempio, uno sport di squadra) vengono apprese delle competenze motorie, le quali sono costituite da fattori diversi e complementari che esprimono la persona nella sua totalità1.

L’importanza di tali competenze sta nel fatto che queste sono trasferibili in ambiti differenti (non solo disciplinari o scolastici), contribuendo a generare quindi una spirale di ulteriori saper e saper fare. 

Colella conclude affermando “Nella strutturazione di un curricolo per competenze motorie, quindi, il risultato ultimo dell’apprendimento non è costituito dalle abilità (sapere fare) e dalle conoscenze teoriche isolate ad esse sottese […], il processo didattico richiede modalità di interazione insegnante-allievo e di proposta del compito motorio che non sono sempre uguali ma variabili e personalizzate, in cui l’allievo svolge un ruolo attivo, esprime abilità e conoscenze non solo in modo imitativo-riproduttivo, ma rielabora le risposte relative al compito ed al contesto in cui si trova ed opera, è consapevole del   proprio comportamento motorio”.

In che modo le emozioni interagiscono con l’attività motoria?

La Psicologia Funzionale ce lo spiega attraverso la suddivisione del Sé in quattro grandi aree di funzionamento interconnesse fra loro.

All’interno degli ambienti sportivi l’aspetto emotivo e il suo funzionamento sono ancora molto ancorati a stereotipi o fraintendimenti, quando invece l’essere consapevoli delle proprie reazioni emotive permette non solo agli atleti di prevenire situazioni spiacevoli come stati di ansia o attacchi di panico, ma può anche aiutarli ad affrontare le situazioni sul campo in modo lucido e senza trovarsi in difficoltà nel raggiungimento della prestazione ottimale. Gli Psicologi dello Sport definiscono “Emozioni” tutte quelle risposte più istintuali e fisiche e comportano una reazione immediata sui piani cognitivo e corporeo, incidendo sull’immediato comportamento (ad esempio nell’esecuzione del gesto tecnico o nella comunicazione col compagno di squadra, ecc.).

Nell’ambito sportivo si associa erroneamente l’ansia ad una emozione, quando invece questa non è altro che una reazione ben precisa che coinvolge tutti i piani del Sé; l’emozione che viene coinvolta e che genera questa reazione è, ovviamente, la paura. Per poter prevenire queste reazioni alle emozioni negative che si provano vi è la necessità di un “mental training” che permetta agli atleti di comprendere e riconoscere le emozioni che provano per poterle gestire nel modo più proficuo per le loro performance. 

Imparare a riconoscere le emozioni, dare loro il nome corretto, capire come ogni singola emozione influisca sulla performance permette di riconoscere le situazioni a rischio prevenendo gli errori e un abbassamento dell’efficacia, ma anche, contemporaneamente, permette di apprendere strategie reattive positive che aiutino in momenti critici.

Tutto ciò dev’essere guidato dalla consapevolezza che allenare le emozioni non significa controllarle ma gestirle attraverso la coscienza del proprio Sé, per “vivere in armonia con le leggi della natura, stabilendo il proprio personale ritmo di marcia” (Hans Seyle).

Stili di insegnamento

Gli stili d’insegnamento precedentemente nominati si possono quindi riassumere nelle seguenti tabelle:

Tabella 1 stili di insegnamento e centralità dell’insegnante

Stili d’insegnamento di riproduzione (o direttivi)

Stile d’insegnamento

Descrizione

Finalità



Comando

L’insegnante decide la tipologia del compito motorio; numero di ripetizioni/serie; intensità e difficoltà esecutiva; intervalli; attrezzi da utilizzare; spazi

Viene usato in situazioni che potrebbero essere potenzialmente pericolose oppure in contesti dove l’imitazione è determinante. 




Pratica

L’insegnante definisce i compiti motori, durata ed intensità e comunica i feedback agli allievi che eseguono le proposte secondo un ritmo personale.

Dopo che l’insegnante ha presentato un compito, gli allievi liberamente provano e si esercitano. Memorizzano sequenze motorie, acquisiscono consapevolezza del processo di apprendimento e dei feedback



Reciprocità

L’insegnante definisce i compiti motori/ spazi operativi; gli allievi a coppie eseguono le attività, alternandosi nell’osservazione reciproca e nella comunicazione dei feedback

Questo stile risulta valido quando: l’abilità da imparare è complessa, il gruppo è numeroso, si vogliono migliorare/ ampliare le relazioni tra compagni.




Autovalutazione

L’insegnante stabilisce le abilità/criterio dell’esecuzione motoria. Gli allievi eseguono autonomamente e controllano la propria performance con criteri predefiniti.

Si lascia un po’ più di libertà agli allievi lasciandogli scegliere autonomamente a quale livello praticare l’attività richiesta in base alle proprie capacità e quando passare ad un livello superiore.





Inclusione

L’insegnante indica differenti livelli di difficoltà esecutive del compito /attività. Gli allievi scelgono il livello di difficoltà più appropriata su cui esercitarsi, secondo le loro abilità e capacità motorie

Progettare più opzioni per consentire l’avvio delle attività per tutti gli allievi / uno stesso compito; rispettare le differenze individuali; scegliere il livello di difficoltà su cui esercitarsi; favorire la partecipazione ed aumentare il tempo di attività; favorire e sviluppare processo di auto-valutazione

Tabella 2 stili d’insegnamento e centralità dell’allievo

Stili di insegnamento di produzione (o non-direttivi)

Stile d’insegnamento

Descrizione

Finalità riferite all’allievo




Scoperta guidata

L’insegnante propone un compito motorio riferito prevalentemente ad un’abilità motoria e sollecita gli allievi ad individuare modalità esecutive diverse, relazioni tra le varianti (spazio-temporali, quanti-qualitative) e le modalità di utilizzo di un attrezzo.

Autonomamente, gli allievi posti davanti ad un problema devono scoprire le procedure per la risoluzione.


Risoluzione dei problemi

L’insegnante pone un compito / tema, in cui sono richieste soluzioni motorie aperte, ricorrendo al repertorio individuale di abilità motorie e posture.

Gli allievi devono cercare risposte e soluzioni motorie diverse, inusuali e creative e individuando delle soluzioni motorie utili a scopi specifici.



Programma individuale a scelta dell’allievo

L’insegnante decide un ambito disciplinare (es. i giochi di squadra); gli allievi si esercitano, organizzano attività e sequenze motorie, anche riferendosi alle competenze dei compagni

Scoprire ed organizzare compiti e sequenze motorie in uno o più ambiti della disciplina; analizzare un ambito operativo; definire standard di prestazioni e di valutazione sulle proprie abilità


Autonomia dell’allievo con supervisione dell’insegnante

Gli allievi decidono l’ambito disciplinare d’interesse ed i compiti su cui esercitarsi; l’insegnante suggerisce criteri di successo, comunica i feedback, favorisce l’autovalutazione.

Scegliere un’esperienza di apprendimento motorio per scoprire, rielaborare e sviluppare le abilità in uno specifico ambito.


Autonomia dell’apprendimento

Gli allievi decidono in modo autonomo l’ambito disciplinare ed i compiti motori su cui esercitarsi.

Favorire la scelta di ambiti ed attività su cui svolgere esperienze motorie; individuare le relazioni didattiche interdisciplinari

Esattamente come non esiste uno stile che sia migliore dell’altro, non ci si può limitare ad utilizzare un unico metodo. A seconda di ciò che si vuole trasmettere agli allievi e di che gruppo ho davanti, bisogna scegliere e mettere in pratica lo stile che si ritiene più idoneo, con l’unico obiettivo di favorire l’apprendimento motorio e lo sviluppo dei fattori psicologici. 

Tale progettazione per competenze motorie favorisce un’evoluzione del ruolo formativo delle attività motorie in età evolutiva, evidenziandone l’importanza che deve avere lo sport e l’attività fisica in generale nella vita dei ragazzi definita come educazione al movimento, quindi basata su teorie e concetti pedagogici che permettano di non rendere l’attività fine a sé stessa. Attraverso questa è possibile, infatti, trasmettere i significati e i valori dell’esperienza corporea, vissuta attraverso l’attività motoria curriculare, lo sport, le relazioni interpersonali e la propria autonomia.

📝 Estratto dell’articolo a cura di Cristi Marcì.

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